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Pasolini non vuole parlare dei suoi nemici, ma ci dice invece quali sono le persone che ama di più. Racconta anche di come i suoi film d'elite fossero in realtà una polemica contro la cultura di massa.
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Il giornalista sindacale chiede a Pasolini di rivedere la sua posizone riguardo a quanto dichiarato sul rivolgersi alle élite. Pasolini risponde che c'è stato un malinteso e spiega cosa intende.
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Pasolini continua a chiedere alle persone in spiaggia cosa ne pensano del divorzio e così emergono pareri contrastanti fra uomini e donne. Durante una trasmissione sul ciclismo, viene chiesto a Pasolini per quale motivo si trovi lì e la sua risposta è molto semplice.
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Pasolini spiega per quale motivo ha scelto come tema il profilo di una città e quali sono le difficoltà che ha incontrato quando questo tema viene contaminato con dettagli estranei o moderni. Dice anche che tutte le opere sono degne di essere difese con lo stesso entusiasmo.
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Prosegue il tema della difesa della forma della città proposto da Pasolini. Si trova tra Orte e Sabaudia e da qui spiega per quale motivo ha scelto di difendere un passato anonimo e popolare.
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Pier Paolo Pasolini discute gli effetti che il fascismo ebbe sull'Italia. Parla della città di Sabaudia, città a 95 chilometri da Roma, costruita dal governo fascista sulle paludi bonificate dell'antico Agro Pontino, e di come, successivamente, abbia preso piede la cultura del consumismo.
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A fare da colonna sonora in questo video c'è "La storia sbagliata", canzone scritta e cantata da Fabrizio De Andrè proprio per Pier Paolo Pasolini, dopo la sua tragica uccisione avvenuta il 2 novembre 1975.
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Sansepolcro è la città della val Tiberina in Toscana nota per essere la patria di Piero della Francesca, uno dei personaggi più emblematici del Rinascimento italiano. Sansepolcro è anche un borgo ricchissimo di storia che ha mantenuto nel corso dei secoli il suo aspetto rinascimentale.
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In base ad alcune ricostruzioni storiche, si narra che Anthony Clarke, un capitano dell’esercito inglese, salvò Sansepolcro dai bombardamenti del ‘44. Clarke ordinò ai suoi soldati di cessare il fuoco sulla città pierfrancescana perché si ricordò che questa custodiva quella preziosa opera d’arte che Aldous Huxley in un suo saggio del 1925 aveva descritto come “il dipinto più bello del mondo”: la Resurrezione di Piero della Francesca.
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Il restauro della Resurrezione è stato un intervento articolato ed impegnativo, durato esattamente tre anni. L'intervento di restauro ha previsto una campagna diagnostica antecedente all'intervento, una graduale pulitura della superficie e il ritocco pittorico.
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I restauratori preparano un impacco a base di un gel derivato dalle alghe marine più un solvente che formerà un impacco per la prima pulitura dell'opera d'arte.
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Non si può passare da Sansepolcro senza visitare la casa natale di Piero della Francesca, che oggi è la sede della Fondazione Piero della Francesca. Un'altra opera degna di nota dell'artista è il suo Ercole, un affresco a metà tra mito e realtà.
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La Resurrezione di Piero della Francesca, simbolo civico di Borgo Sansepolcro, è stata realizzata con una tecnica mista: in parte Piero usò la tecnica dell’affresco, ma ampie zone sono state realizzate invece con tempera grassa. Tuttavia, i restauratori hanno dovuto fare i conti con i danni causati da un vecchio trattamento che ha ripulito l'opera con acqua maestra, una sostanza molto aggressiva.
Difficoltà: Intermedio
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Per uno storico dell'arte che si approccia a restaurare un'opera come la Resurrezione di Piero della Francesca, è sicuramente interessante capire quale fosse il risultato finale che l'autore aspirava ad ottenere. Tuttavia, nel caso di quest'opera, tutta la parte iniziale della progettazione dell'artista è andata persa.
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Dopo tre fasi di pulitura, sul dipinto sono apparsi dei particolari che i restauratori hanno riportato alla luce. Una particolarità della Resurrezione è il fatto di aver trovato, sotto l'opera stessa, alcune lettere dell’alfabeto. Si tratterebbe di una citazione di un passo della raccolta di lettere indirizzate da Seneca a Lucillo, le Epistulae morales ad Lucilium. La frase completa, diventata un popolare motto nel Quattrocento, è "omne humanum genus morte damnatum est", ovvero "tutto il genere umano è condannato a morire".
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