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Siamo ai saluti e Amed dice di non essere pronto per lasciare l'ospedale. Fra promesse e abbracci però, sembra veramente essere arrivato il momento.
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Riccardo è molto giù e sua madre cerca le parole giuste per farlo rialzare. Anche Barbieri cerca argomentazioni convincenti mentre parla con Giusi e a Luigi viene inaspettamente comunicato che potrà essere dimesso. Ma a quali condizioni?
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A Luigi viene fatto un elenco piuttosto lungo sulle possibili controindicazioni del farmaco che gli è stato dato, tuttavia Barbieri gli comunica che è pronto per essere dimesso. L'unica cosa che gli viene consigliata di fare è di non far vedere la TAC solo all'oncologo.
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Barbieri e Zamagna si confrontano sulle rispettive professioni di chirurgo e oncologo. Ognuno difende il proprio lavoro sminuendo quello dell'altro. La discussione si fa accesa e qualcuno li vede mentre si azzuffano in corridoio.
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Questa è una riflessione sul fatto che ognuno, in Italia,vorrebbe stare da un'altra parte. Sulla superficie sembra tutto meraviglioso ma in realtà le uniche persone felici sono quelle contente di stare nel posto in cui si trovano.
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Continua la riflessione di Luigi e in questo monologo condivide la sua esperienza con la malattia. Ora le cose sono cambiate, ma non necessariamente in peggio. Tutto insegna, basta fare un passo alla volta.
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Quando a Luigi è stato detto che aveva un tumore, ha vissuto ogni momento come se fosse un dono inaspettato. Tutto quello che poteva fare dopo quella notizia era fare un passo alla volta.
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Sansepolcro è la città della val Tiberina in Toscana nota per essere la patria di Piero della Francesca, uno dei personaggi più emblematici del Rinascimento italiano. Sansepolcro è anche un borgo ricchissimo di storia che ha mantenuto nel corso dei secoli il suo aspetto rinascimentale.
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In base ad alcune ricostruzioni storiche, si narra che Anthony Clarke, un capitano dell’esercito inglese, salvò Sansepolcro dai bombardamenti del ‘44. Clarke ordinò ai suoi soldati di cessare il fuoco sulla città pierfrancescana perché si ricordò che questa custodiva quella preziosa opera d’arte che Aldous Huxley in un suo saggio del 1925 aveva descritto come “il dipinto più bello del mondo”: la Resurrezione di Piero della Francesca.
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Il restauro della Resurrezione è stato un intervento articolato ed impegnativo, durato esattamente tre anni. L'intervento di restauro ha previsto una campagna diagnostica antecedente all'intervento, una graduale pulitura della superficie e il ritocco pittorico.
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I restauratori preparano un impacco a base di un gel derivato dalle alghe marine più un solvente che formerà un impacco per la prima pulitura dell'opera d'arte.
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Non si può passare da Sansepolcro senza visitare la casa natale di Piero della Francesca, che oggi è la sede della Fondazione Piero della Francesca. Un'altra opera degna di nota dell'artista è il suo Ercole, un affresco a metà tra mito e realtà.
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La Resurrezione di Piero della Francesca, simbolo civico di Borgo Sansepolcro, è stata realizzata con una tecnica mista: in parte Piero usò la tecnica dell’affresco, ma ampie zone sono state realizzate invece con tempera grassa. Tuttavia, i restauratori hanno dovuto fare i conti con i danni causati da un vecchio trattamento che ha ripulito l'opera con acqua maestra, una sostanza molto aggressiva.
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Per uno storico dell'arte che si approccia a restaurare un'opera come la Resurrezione di Piero della Francesca, è sicuramente interessante capire quale fosse il risultato finale che l'autore aspirava ad ottenere. Tuttavia, nel caso di quest'opera, tutta la parte iniziale della progettazione dell'artista è andata persa.
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Dopo tre fasi di pulitura, sul dipinto sono apparsi dei particolari che i restauratori hanno riportato alla luce. Una particolarità della Resurrezione è il fatto di aver trovato, sotto l'opera stessa, alcune lettere dell’alfabeto. Si tratterebbe di una citazione di un passo della raccolta di lettere indirizzate da Seneca a Lucillo, le Epistulae morales ad Lucilium. La frase completa, diventata un popolare motto nel Quattrocento, è "omne humanum genus morte damnatum est", ovvero "tutto il genere umano è condannato a morire".
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